8 ottobre 2001
Virginio Bosisio (Snamid): lavorare in gruppo
lede il rapporto con i pazienti
Il medico vittima del team
Per Fiorenzo Corti l'efficienza in medicina generale
consentirebbe di superare il concetto dei tetti di spesa
Ma la Fimmg è ottimista e vede nell'
associazionismo il rilancio dei generalisti
Associazionismo sì - no? Due scuole di
pensiero si confrontano sulla richiesta crescente delle regioni ai generalisti
di associarsi per condividere percorsi diagnostico-terapeutici, linee guida,
tetti di spesa o altre forme di budget. Per Virginio Bosisio, presidente della
Snamid (società scientifica emanazione del sindacato Snami), l'associazionismo
spinto può distruggere la medicina generale perché lederebbe il rapporto di
fiducia tra medico e paziente, che è personale.
Per Fiorenzo Corti, sindacalista segretario regionale del sindacato Fimmg
Lombardia e medico in associazione, può invece gettare i presupposti per
superare il budget, un altro grande riferimento della sanità italiana attuale
che oggi, secondo le ricerche più recenti, sarebbe moribondo.
Il medico va coinvolto
Virginio Bosisio è d'accordo con la ricerca
del Beyond budgeting roundtable, un gruppo di ricerca internazionale, pubblicata
giorni fa da un settimanale economico: «Se uno stato pensa che la sanità sia
un'azienda da portare in attivo è sulla strada sbagliata. L'imposizione di
tetti di spesa sui farmaci ai medici generali serve a poco, finché tale spesa
è sostenuta dal settore pubblico: il cittadino continuerà a chiedere sempre di
più al suo medico e alla sanità. L'AsI può imporci il rispetto di ciò che
vuole, ma dopo l'ennesima revoca per aver negato un esame o un farmaco, anche il
più responsabile dei medici cambia tono e riprende a prescrivere e a
trascrivere esami e farmaci. Sarà sempre così, a meno di prescindere dal
rapporto di fiducia tra medico e paziente». Per Bosisio, tuttavia, bisogna fare
attenzione a vedere nell'associazionismo dei generalisti un rimedio alle
distorsioni indotte dai comportamenti prescrittivi dei singoli medici.
«Se un assistito - spiega - non ha più il suo curante ma un medico che si
ruota con altri medici, il gradimento per il generalista, già al 70 per cento
(cioè sceso di dieci punti in pochi anni), è destinato a crollare. Le
vecchiette vengono in studio in genere per chiedere un consiglio al proprio
"dottore"; se si trovano di fronte un pool di medici-manager non
vengono più». «Il pericolo nel metterci tutti in team - spiega, Giuseppe
Messina, presidente degli ordini lombardi - è di spianare la strada al contatto
diretto tra utenti e vari specialisti diversi, inducendo maggiori spese sanitarie
a frontè di un'efficacia neIle cure ottenute ma non sempre così scontata».
In apparenza, nella sanità italiana il budget è un concetto assorbito.
Favorevoli sono la riforma Bindi che lo prevede a livello di distretto e la
Finanziaria 2001 che dalla metà di quest'anno chiede di sperimentarlo in ogni
Asl. Il ricorso al budget è stato sostenuto più volte dai ricercatori
dell'università Bocconi. fu una recente inchiesta a cura del Cergas, il centro
ricerche sanitarie dell'ateneo (nel volume "Organizzazione e gestione delle
Cu- re primarie" di Maria Caterina Cavallo, Simone Gerzeli ed Emanuele
Vendramini, edito da McGraw-Hill) su 162 Asl consultate solo il 38 per cento ha
adottato modelli per il medico.
I modelli delle Asl
Si tratta di tetti di spesa, o del
raffronto a livello di di- stretto tra quota capitaria di consumi prevista e
spese reali, oppure di linee guida per l'uso dei farmaci o di più sofisticati
percorsi diagnostico-terapeutici per patologia. Sette Asl su dieci si sono
concentrate nel tirare la cinghia sulla farmaceutica, ma sono ancora poche
quelle che adottano tetti o indicatori da rispettare su ricoveri e prestazioni
diagnostiche.
Una recente ricerca Usa - commentata da Stefano Baraldi, economista
dell'Università Cattolica - mostra però che grandi aziende scandinave hanno
abbandonato il metodo di fissare un obiettivo economico strategico a priori,
perché ruba un quinto del lavoro e del tempo dei manager; è strumento
autoritario e consolidatore di gerarchie; favorisce logiche di breve durata e di
profitto su altre di lungo periodo e di incentivo all'impiego di tecnologie;
infine, si rifinisce in sedici settimane e quindi nasce vecchio di quasi quattro
mesi.
La soluzione è di qualità
Il superamento del budget avverrebbe coltivando, dal primo all'ultimo addetto
come giocatori di una stessa squadra, lo stesso obiettivo di vendere bene il proprio
lavoro.
Ma gli operatori in Italia, a cominciare dai medici, sono pronti a cambiare
mentalità o a imporne una nuova?
Fiorenzo Corti è ottimista: «Proprio l'associazionismo - dice - può
consentire al medico di superare il vincolo del budget distrettuale. Fino a ieri
il manager diceva al singolo generalista di contenere la spesa, mettiamo per i
ricoveri, e magari in cambio gli proponeva un tanto della cifra risparmiata.
Questi discorsi sono caduti nel vuoto. Oggi la medicina generale ha trovato nel
gruppo la strada per produrre servizi,
come la disponibilità telefonica a turno, che fanno restare nell'orbita del
curante molti pazienti meno gravi, anziché dirottarli in un pronto soccorso. La
qualità della prestazione migliora, l'accesso nello studio del medico di
famiglia riduce i costi dell'ospedale, e non c'è bisogno di fissare obiettivi
di risparmio, perché il vantaggio economico è certo. E anche quello sarebbe un
vantaggio per il paziente: che importa se, di fronte a un'urgenza, in un team di
medici non gli risponde quello "di fiducia"? Il paziente andrebbe
comunque a cercare un'alternativa».
Un medico più presente
«Il punto è un altro: sulle sorti della medicina generale - conclude Corti -
pesa di più una vecchietta con il suo rapporto confidenziale con il singolo
professionista o un utente-medio, che nello studio del generalista cerca un
medico sempre più presente?».